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Bruno Pellegrini, naufrago al largo di Capo Spada, viene ripescato alle 13:00 del 19 luglio 1940, dopo essere stato quattro ore e mezza in acqua, e finisce prima in un campo di prigionia ad Alessandria d'Egitto, poi, dal primo settembre, Bruno Pellegrini alla schedatura dei prigionieri di guerra ad Alessandria d'Egittonel campo di Ketziot, una prigione in mezzo al deserto, oggi nel sud dello Stato di Israele di fronte al confine con l'Egitto. Il campo consiste in tende circondate da filo spinato e torrette di guardia. I prigionieri sono confinati con scarsa o nulla protezione dalle dure condizioni climatiche del deserto del Neghev, che includono temperature che vanno dai 54 gradi centigradi durante il giorno a 0 gradi di notte. L'igiene e le condizioni sanitarie nel campo non raggiungono il livello minimo delle condizioni stabilite in ambito internazionale per la detenzione di prigionieri, incluse quelle specificate nell'art. 85 della IV Convenzione di Ginevra. Il campo di prigionia "ospita" circa 7.000 prigionieri di guerra italiani, è circondato da dune di sabbia che riflettono i raggi del sole cocente sui prigionieri, è lontanissimo da centri abitati degni di questo nome il che rende assurdo ogni tentativo di fuga. Le tende non hanno pavimento, né luce, né spazio sufficiente a muoversi poiché superaffollate: la notte gli scorpioni ed i serpenti neri penetrano all'interno attraverso la sabbia; chi riesce a dormire muore senza svegliarsi. La vita è veramente un inferno. Le proibitive condizioni generali ne fanno una prigione sicura. Oggi gli Israeliani fanno tesoro degli insegnamenti degli Inglesi ed hanno riaperto il campo di prigionia di Ketziot per trattenervi i Palestinesi considerati ribelli o pericolosi: non è cambiato nulla nel campo, solo il nome con il quale è più noto che è quello di Ansar 3. Circa 170.000 Palestinesi vi sono passati come detenuti durante la prima Intifada: uno di loro, Abed Khalil, nell'aprile 2002 rilascia la seguente Bruno Pellegrini prigioniero a Calcuttaintervista all'Inter Press Service Newswire: "Ketziot was a prison in the middle of the desert. It was in southern Israel, toward the Egyptian border. No one could get there. Visitors were not allowed. Not even lawyers could go there because the prisoners were called administrative detainees, which means they were held without a trial and without being charged. The soldiers used bulldozers to push the dunes up like mountains around it. The sun there felt like someone was pouring fire on you. It was a place with no buildings, only tents with cells. I was 14 when they sent me to Ketziot. They put me there during the first Intifada for 6 months because I threw stones at the soldiers who came into our camp. I don't think you can dream a worse nightmare. The floors of the cells at Ketziot did not sit on concrete but directly on the desert. At night when you slept, the scorpions and black snakes came in through the sand. There were no lights so you could not watch to kill them. The cell was small so you could not move away from them. If you did not give information about people in your camp, the soldiers beat you. If you did give information, they said it proved you were a terrorist, so they kept you longer. And they beat you. In 1995 they closed Ketziot. I watched on the news as they let the last prisoners out. I remember it made my hands tremble. The reopening of the Ketziot prison camp is the first proof that Israel intends to imprison long term thousands of Palestinian men rounded up since the invasion of West Bank towns and villages began two weeks ago". Sono le stesse parole che avrebbe usato Bruno Pellegrini per descrivere quella sua prigionia 50 anni prima. Abed Khalil usa una frase che descrive il tutto, ieri come oggi: "I don't think you can dream a worse nightmare" ovvero "Non ritengo che tu possa nemmeno sognare un incubo peggiore di questo".

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Dopo il 2 settembre 1942, quando inizia il ripiegamento delle truppe italiane e tedesche nel Nord Africa, Bruno Pellegrini eCampo di prigionia di Ketziot quanti ne condividono la sua sorte di prigioniero di guerra sono trasferiti tre volte, prima nel Kordofan, una regione centrale del Sudan tra Darfur ad ovest ed il Nilo Bianco ad est, poi in India, prima a Bombay ed infine a Calcutta dove rimane dal dicembre 1942 al maggio 1945 in qualità di Capo Campo come sottufficiale più anziano con conoscenza della lingua inglese. Le condizioni di prigionia, dovute all'organizzazione standardizzata inglese, non sono affatto migliori di quelle vissute a Ketziot: insetti e rettili hanno altri nomi ed altri colori, ma gli effetti sono gli stessi; la fame è la stessa. Dopo la fine della seconda guerra mondiale in Europa, essendo un non collaborazionista, Bruno Pellegrini viene trasferito in un campo di prigionia nel Sussex in Inghilterra con altri 75 commilitoni e vi rimane per un anno, fino al 26 aprile 1946, lavorando senza paga per privati sudditi di Sua Maestà Britannica. Gli Inglesi dicono che gli Italiani non hanno navi per trasportare gli ex prigionieri dall'Inghilterra all'Italia, ma, in effetti, l'art. 71 del Trattato di Pace di Parigi sancisce che: "I prigionieri di guerra italiani verranno rimpatriati non appena possibile, in conformità agli accordi conclusi fra ciascuna delle Potenze che detengono tali prigionieri e l'Italia". Alla fine una nave li preleva e li trasporta a Napoli. Dopo una lunga sosta nel piazzale del distaccamento navale, Bruno Pellegrini, in treno, ritorna a Cinto Caomaggiore.


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