HomeMissioni - Vita Militare1940 Battaglia di Punta Stilo

Prima dell'entrata in guerra l'Italia non provvede a rifornire la Libia, come è ovvio fare, ma pensa a questo problema solo a guerra dichiarata. Così già il 18 giugno il Regio Sommergibile Zoea trasporta 60 tonnellate di munizioni, il 19 giugno l'11a Squadra Cacciatorpediniere parte dall'Italia con un carico di 36 cannoni da 47 mm, 20 da 20 mm e relativo munizionamento, oltre ai 300 uomini destinati a tali artiglierie, mentre il 25 il primo convoglio della guerra riesce a raggiungere la destinazione senza alcun danno. Dopo la perdita del Cacciatorpediniere Espero, avvenuto in uno scontro con navi inglesi nel Mediterraneo orientale il 28 giugno 1940, viene deciso di scortare i successivi convogli con importanti aliquote della Forza Navale da battaglia, per evitare altre spiacevoli perdite. E' organizzato un nuovo convoglio composto da 5 piroscafi (Esperia, Calitea, Pisani, Foscarini, Barbaro) diretto a Bengasi, trasportanti in totale 2.190 uomini, 232 automezzi, 10.445 tonnellate di materiali e 5.720 tonnellate di carburanti e lubrificanti vari. Avuto notizia che anche la flotta inglese è in mare, Supermarina, il Comando Supremo della Regia Marina italiana, decide di far partecipare all'operazione di scorta tutta la flotta così ripartita: Scorta diretta: 2a Divisione Incrociatori leggeri, 10a Squadra Cacciatorpediniere, tra i quali il Colleoni, e 6 Torpediniere; Scorta a distanza: Regio Incrociatore pesante Pola, 1a e 3a Divisione con la 12a, 9a e 11a Squadra Cacciatorpediniere a 35 miglia a levante del convoglio, 7a Divisione e 13a Squadra Cacciatorpediniere a 45 a ponente del convoglio; Sostegno: 5a Divisione Navi da Battaglia, 4a e 8a Divisione Incrociatori leggeri con la 7a, 8a, 15a e 16a Squadra Cacciatorpediniere.

Il convoglio che parte da Napoli alle 18.00 del 6 luglio, giunge felicemente a destinazione e tutte le navi entrano in porto a Bengasi prima delle 22 del giorno 8, mentre la 2a Divisione e la 10a Squadra Cacciatorpediniere ricevono l'ordine di dislocarsi a Tripoli. Contemporaneamente all'uscita di tutta la flotta italiana anche la Royal Navy esce in forze da Alessandria, nella notte del 7, per andare incontro a due convogli provenienti da Malta e diretti in Egitto: uno lento, composto da 4 piroscafi che procedono a 9 nodi, ed uno veloce, con tre piroscafi che procedono a 13 nodi. La Mediterranean Fleet è divisa per l'occasione in tre gruppi: Forza A: composta dalla 7a Divisione Incrociatori (Orion, Neptune, Sidney, Liverpool, Gloucester) e da un Cacciatorpediniere al comando del Vice Ammiraglio Tovey sull'Orion. Forza B: composta dalla Navi da Battaglia Warspite con il Comandante in Capo Ammiraglio Cunningham e da 5 Cacciatorpediniere Forza C: composta dalle Navi da Battaglia Royal Sovereing e Malaya, dalla Nave Portaerei Eagle e da 11 Cacciatorpediniere al comando del Contrammiraglio Pridham-Wippell sulla Royal Sovereign.

La mattina dell'8 luglio l'Ammiraglio Campioni, in seguito a alcuni messaggi di Supermarina che lo informano di navi nemiche nelle vicinanze, fa catapultare due aerei della 4a Divisione le cui ricerche danno esito negativo, poiché le navi inglesi sono ancora molto lontane. Ordina, quindi, che si proceda verso la Libia come se niente fosse: in seguito ad altri numerosi avvistamenti da parte di aerei della Cirenaica, nonché da notizie di numerosi attacchi aerei sulla formazione nemica, ordina, alle 15:20, ai gruppi del Regio Incrociatore pesante Pola e della Regia Corazzata Giulio Cesare di dirigersi verso il nemico, per evitare che questo possa bombardare Bengasi all'alba del giorno seguente mentre, cioè, il convoglio sarebbe stato sotto scarico. Ma Supermarina, avuta ormai una chiara situazione degli intenti del nemico ordina di non impegnarsi in battaglia e successivamente ordina di dirigersi verso le basi, con l'obbiettivo di tagliare la strada alle forze inglesi che si dirigono verso Malta. L'ordine successivo, giunto all'Ammiraglio Campioni alle 22:00 di quel giorno, è di riunire tutte le sue forze a 65 miglia a sud-est di Punta Stilo per sventare un probabile attacco aereo navale nemico sulla Sicilia che si prevede per il pomeriggio del giorno dopo (9 luglio). L'Ammiraglio Campioni autorizza alcune Squadre di Cacciatorpediniere (8a, 13a, 15a, 16a), di dirigersi nelle basi della Sicilia Orientale per rifornirsi di nafta, per averle pronte all'azione nel pomeriggio del giorno dopo. L'Ammiraglio Cunningham viene a conoscenza della presenza in mare della Flotta italiana la mattina dell'8 luglio, da un avvistamento del sommergibile Phonenix che segnala due Navi da Battaglia e 4 Cacciatorpediniere, mentre nel pomeriggio ha la conferma da un ricognitore che segnala alle 15:10 la presenza di 2 Navi da Battaglia, 6 Incrociatori e 7 Cacciatorpediniere (si tratta dei gruppi Giulio Cesare e Pola riuniti che si stanno dirigendo incontro alla flotta inglese). In base a queste informazioni il Comandante in Capo inglese decide di sospendere momentaneamente la missione di scorta e ordina di dirigersi alla massima velocità possibile (soli 20 nodi per via della lenta Royal Sovereign) in direzione di Taranto allo scopo di interporsi tra la flotta italiana e la loro base principale, dando appuntamento in un punto situato a 60 miglia a nord-nord-est del punto di riunione italiano, in un punto cioè molto favorevole. Durante tutto il giorno la flotta inglese viene attaccata numerose volte da bombardieri italiani. La Forza A subisce, tra le 10:23 e le 18:37, 5 attacchi distinti, nell'ultimo attacco l'Incrociatore Gloucester è colpito da una bomba che penetra nella controplancia uccidendo il comandante, 6 ufficiali, 11 uomini e ferendo altri 9 uomini; l'Incrociatore è costretto a passare alla stazione di governo e di direzione del tiro di poppa. La Forza B viene attaccata, tra le 12:05 e le 18:12, sette volte, con lancio di circa 120 bombe, senza subire alcun danno. La Forza C viene attaccata, tra le 09:51 e le 17:45, sei volte, con lancio di circa 80 bombe da quote comprese tra i 3.000 e 4.500 metri, senza riportare alcun danno.

La mattina del giorno 8 la Forza H esce da Gibilterra con l'obbiettivo di confondere gli Italiani sul vero intento dell'uscita della Mediterranean Fleet. La formazione navale è composta dall'Incrociatore da battaglia Hood, dalle Navi da Battaglia Revenge e Valiant, dalla Nave Portaerei Ark Royal, dagli Incrociatori leggeri Enterprise, Emerald, Arethusa e da 13 Cacciatorpediniere. Supermarina, venuto a conoscenza dell'uscita di questa forza navale alle 13:40 di quel giorno, apprezza che si tratti di una operazione congiunta delle due flotte, ma avendo impegnata tutta la flotta a oriente, affida all'aeronautica il compito di attaccare questa nuova formazione nemica appena essa sia giunta nel raggio di azione dei bombardieri dislocati in Sardegna; viene, inoltre, rafforzato lo schieramento di Sommergibili in quel settore. Contro la Forza H è lanciato un massiccio attacco aereo il giorno 9 luglio verso le 19:00, in cui sono abbattuti due bombardieri italiani, che colpiscono lievemente l'Incrociatore da Battaglia Hood, la Nave Portaerei Ark Royal e danneggiano gravemente due Cacciatorpediniere, uno dei quali, l'Escort, è affondato due giorni dopo dal Sommergibile Marconi.

Mentre le navi italiane si dirigono al punto di riunione viene avvistato verso le 08:00 del 9 luglio un ricognitore nemico che si tiene fuori tiro approfittando del fatto che le navi italiane non sono scortate da alcun aereo. Alle 9:00 l'Ammiraglio Campioni comunica ai propri Ammiragli dipendenti le sue disposizioni: fa assumere una formazione su 4 colonne con al centro le due Navi da Battaglia e gli Incrociatori pesanti, con due gruppi di Incrociatori leggeri che precedono e seguono il grosso della Forza Navale. Durante la marcia di avvicinamento al nemico gli Incrociatori leggeri Diaz e Cadorna e tre Cacciatorpediniere Dardo, Strale, Da Noli, devono rientrare alle basi per delle avarie alle macchine. Tra le 13:15 e le 13:26 il gruppo Pola è attaccato da aerosiluranti partiti dalla portaerei Eagle: l'attacco ottimamente condotto non porta ad alcun risultato, ma mette in disordine l'intera formazione navale; subito dopo, alle 13:30, un velivolo della 142a squadriglia da ricognizione marittima comunica l'avvistamento della formazione nemica in un punto a circa 80 miglia a nord-est della flotta italiana. L'Ammiraglio Campioni cambia subito rotta per dirigersi contro il nemico, ma così facendo rende ancora più confusionaria la manovra dei vari gruppi, ancora in allarme per l'attacco aereo ricevuto.

La Mediterranean Fleet da parte sua continua la propria rotta indisturbata ed avuti numerosi rapporti di ricognitori che segnalano le navi nemiche in avvicinamento si può disporre tranquillamente nella formazione voluta: Forza A 8 miglia a prora della Forza B che è a sua volta 10 miglia a prora della Forza C. Vengono lanciati, inoltre, alle 11:45 9 aerosiluranti Swordfish che attaccano ed eseguono il già citato attacco contro la flotta italiana, rientrando tutti alle 14:34.

Alle 14:15 sono catapultati, per ordine dell'ammiraglio Campioni, gli aerei della 4a e della 8a Divisione, che alle 14:45 segnalano la presenza della formazione inglese a sole 32 miglia dalla flotta italiana, mentre in precedenza alle 14:35 un ricognitore inglese segnala all'Ammiraglio Cunningham l'esatta posizione della flotta italiana. Ormai lo scontro è inevitabile e fra le 14:50 e le 15:10 avvengono i primi reciproci avvistamenti, in quel momento la visibilità è di circa 25.000 metri, con vento da nord forza 4 e mare leggermente mosso, il cielo è quasi libero da nubi.

La prima azione è quella che contrappone gli Incrociatori della 4a e dell'8a Divisione italiane a quelli della 7a Divisione inglese, essendo le forze esploranti delle due formazioni. Il tiro viene aperto alle 15:20 dalla 8a Divisione ed alle 15:26 dalla 4a Divisione, mentre le navi inglesi stanno da alcuni minuti sparando sulla 9a Squadra Cacciatorpediniere. Durante questa azione, che dura fino alle 15:30, non viene colpita alcuna unità: soltanto sul Neptune schegge di un proiettile scoppiato molto vicino allo scafo danneggiano la catapulta ed il velivolo, che vi si trova sopra, che viene poi gettato a mare. Il combattimento è interrotto dagli Incrociatori italiani poiché sono inquadrati da 10 salve da 381 mm sparatigli contro dalla Warspite e dalla Malaya. Anche gli Incrociatori inglesi si ritirano quando si accorgono dell'avvicinarsi delle Navi da Battaglia italiane.

Le Navi da Battaglia inglesi e italiane, venute a sostegno dei rispettivi Incrociatori, cominciano il combattimento poco dopo: alle 15:53 dalla distanza di 26.400 metri le Regie Corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour aprono il fuoco. Dopo pochi minuti anche le Navi da Battaglia inglesi aprono il fuoco. A questo proposito va detto che la Royal Sovereign, troppo lenta, non prende parte all'azione, mentre la Malaya spara solo 8 salve che risultano tutte molto corte. Nel frattempo anche gli Incrociatori pesanti aprono il fuoco contro la Warspite, ed il Trento ritiene di aver messo a segno un colpo alle 15:58 (su questo argomento si sono aperti notevoli dibattiti, poiché gli Inglesi smentiscono, ma la Warspite subisce delle riparazioni, seppur di poco conto, ad una riservetta corazzata di un complesso da 102 mm). La ricomparsa degli Incrociatori inglesi costringe il gruppo Pola a concentrare il proprio tiro su di essi. Il tiro delle due Navi da Battaglia italiane risulta subito a cavallo della Warspite, ma tutte le salve, eccetto una, presentano notevoli dispersioni longitudinali; il tiro inglese si rivela molto preciso e progressivamente centrato sulla nave ammiraglia, la Regia Corazzata Giulio Cesare, che viene colpita da un proiettile da 381 mm alle 15:59. Il proiettile perfora, esplodendo al suo interno, il fumaiolo poppiero, mentre numerose schegge perforano i locali vicini; inoltre le 4 caldaie di poppa devono essere spente per invasione di gas e fumo, un uomo muore per asfissia e molti altri rimangono intossicati; la perdita di 4 caldaie fa diminuire la velocità a 18 nodi. L'Ammiraglio Campioni, non ritenendo opportuno lasciare sola la Regia Corazzata Conte di Cavour con gli Incrociatori pesanti, decide di rompere il contatto e alle 16:05 ordina alle Squadre di siluranti in posizione favorevole di attaccare con i siluri e di fare fumo per coprire la ritirata delle navi maggiori.

Durante la fase di sganciamento gli Incrociatori pesanti coprono la 5a Divisione che si sta ritirando e continuano a sparare contro gli Incrociatori nemici fino alle 16:17, quando sono attaccati da 9 aerosiluranti inglesi decollati dalla Eagle: l'attacco si risolve con un nulla di fatto, ma disturba molto il tiro italiano; durante questa fase il Bolzano viene colpito tre volte da proiettili da 152 mm degli Incrociatori inglesi (alle 16:05): uno colpisce il comando del timone, che rimasto bloccato fa compiere alla nave un giro completo su se stessa prima che sia possibile riparare il guasto, uno la volata del cannone di dritta della seconda torre, che continua a sparare, e l'ultimo la camera di lancio di poppa, rendendo inutilizzabili due tubi lanciasiluri. Tra le 16:06 e le 16:45 la 9a, la 7a, l'11a e la 12a Squadra Cacciatorpediniere effettuano gli attacchi con siluro, lanciando complessivamente 32 siluri senza esito.

La flotta italiana, disturbata da diversi bombardamenti subiti per opera di aerei nazionali fortunatamente senza alcun danno, si dirige, dopo la rottura del contatto, verso lo stretto di Messina. Alle 21:00 la Regia Corazzata Giulio Cesare e la 3a Divisione (Trento, Trieste, Bolzano) attracca nel porto di Messina; la 7a Divisione viene, invece, fatta proseguire fino a Palermo; tutte le altre unità si dirigono ad Augusta. Poco dopo le 01:00 del 10 luglio salpano, però, in tutta fretta il Pola con la 1a Divisione (Zara, Fiume, Gorizia), con la Regia Corazzata Conte di Cavour e con le rispettive Squadre di Cacciatorpediniere per andare a Napoli. Questo perché si teme un attacco di aerosiluranti inglesi in quel porto; per lo stesso motivo nel pomeriggio anche la 4a e l'8a Divisione salpano per Taranto. E' veramente una felice intuizione poiché la sera stessa, alle 21:40 del 10 luglio, una formazione di 4 aerosiluranti colpisce con un siluro il Regio Cacciatorpediniere Pancaldo, provocandone l'affondamento e la morte di 16 uomini dell'equipaggio. Il 12 luglio la Giulio Cesare e il Bolzano, scortati da 5 Cacciatorpediniere, sono inviati a La Spezia, per effettuare le necessarie riparazioni. Le altre Divisioni e Squadre riprendono in quei giorni la loro dislocazione normale.

L'Ammiraglio Cunningham, capite le intenzioni della flotta italiana di ritirarsi verso Messina, si rende conto dell'impossibilità di superare il fitto sbarramento di nebbia che è stato steso dalle navi italiane in ritirata e dà ordine di allontanarsi dalla zona alle 18:30 dopo aver tentato più volte di riprendere il contatto. Durante questa fase, dalle 16:43 alle 21:10, la flotta inglese è ripetutamente attaccata da numerose formazioni di aerei italiani, per complessivi 126 bombardieri, che lanciano 8 bombe da 500 Kg, 236 da 250 kg, 270 da 100 kg. Non vi sono colpi a bordo, ma numerose bombe scoppiano nelle vicinanze di molte navi inglesi causando alcuni morti e feriti. Durante il giorno 10, mentre i Cacciatorpediniere inglesi si riforniscono di nafta a Malta, la flotta italiana incrocia a sud dell'isola. L'11 luglio la Mediterranean Fleet comincia il viaggio di ritorno, scortando i due convogli che è venuta a prendere in consegna, e arriva ad Alessandria, divisa in due formazioni di scorta ai rispettivi convogli, tra il 13 e il 14 luglio.

La prima battaglia fra la Regia Marina e la Royal Navy si è conclusa con un nulla di fatto ed entrambi i comandi devono rivedere le proprie strategie: Supermarina si è già reso conto che la collaborazione con la Regia Aeronautica è inesistente, anzi dannosa visti i numerosi bombardamenti subiti da aerei nazionali, e che la strategia di puntare esclusivamente sui bombardieri d'alta quota contro obbiettivi navali si è rivelata completamente errata: in quei giorni quasi 500 bombardieri attaccano le navi inglesi, ma solo una bomba colpisce l'Incrociatore Gloucester; se si fossero avuti la metà fra aerosiluranti e bombardieri in picchiata le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso, come avviene, infatti, più tardi. Inoltre la presenza di una Nave Portaerei nella formazione britannica ha permesso all'Ammiraglio Cunningham di aver sempre una chiara visione di cosa stanno facendo gli Italiani e di attaccarli nei momenti più opportuni. L'aver accettato battaglia contro una formazione più forte è, indubbiamente, un grave errore, e gli Italiani sono stati fortunati a cavarsela così a buon mercato, anche perché l'Ammiraglio Bergamini, al comando della 9a Divisione Navi da Battaglia, ha chiesto la sera dell'8 di salpare da Taranto per portare sul campo di battaglia il peso, quasi sicuramente decisivo, di 18 ottimi cannoni da 381 mm; questo permesso gli viene negato in maniera quasi inspiegabile. E' questa l'unica battaglia fra Navi da Battaglia nel Mediterraneo. Come registra l'Ammiraglio Cunningham "l'effetto materiale del colpo da 381 ricevuto dal Cesare fu nullo, ma quello morale fu enorme", e in effetti è proprio così!!

Con la battaglia di Punta di Stilo tramonta il sogno, da parte inglese, di una rapida vittoria sull'Italia. In effetti la decisione di spingere l'Italia ad entrare in guerra a fianco della Germania è stata presa basandosi sulla sicurezza che una rapida e sicura vittoria navale avrebbe costretto l'Italia a chiedere pace, eliminandola definitivamente dal gioco. Questo fallimento coincide con l'inizio della Battaglia di Inghilterra ed è sicuramente il peggior momento per l'impero britannico. Dalla battaglia di Punta Stilo l'Ammiraglio Cunningham esce, anzi, sconfitto poiché deve rinunciare alla lenta ed inutile Royal Sovereing, e richiedere alcuni Incrociatori pesanti, navi di cui è sprovvisto. Questi rinforzi, che gli sono inviati con l'operazione Hast indeboliscono la Home Fleet, impegnata in quel periodo a contrastare le incursioni delle navi di linea tedesche lungo le rotte dei convogli atlantici.